Le prime raccolte di novelle di Federico De
Roberto, "La sorte" (1887)
e "Documenti umani" (1888), risultano essere di stampo
prettamente verghiano. Tuttavia, esse presentano degli accenti
di novità e personalità dell’autore. In queste, infatti, De
Roberto illustra il mondo paesano e rusticano, ma, soprattutto,
la sua attenzione s’incentra sulla nobiltà siciliana, già in
fase di disfacimento, sia dal punto di vista socio-economico,
che fisiologico, rilevando la nuova classe borghese delle
campagne, che cerca di occuparne il posto. Queste sono tutte
tematiche proprie dell’autore, che egli svilupperà nelle opere
seguenti. A queste prime raccolte si aggiungono i romanzi de
Ermanno Raeli (1889)
e L'illusione (1891), quest’ultima fa parte del
"ciclo" consacrato alla famiglia Uzeda. In queste composizioni
l’interesse è rivolto verso gli accenti intimistici e
psicologici, propri dell'interiorità dei personaggi. Vi si
succedono l’illusione
e la realtà, in un contrasto che porta alla nevrosi e alle
inibizioni. Questo studio psicologico dell’autore si deve
all’interesse provocato dalla conoscenza fatta in Sicilia con
Paul Bourget
(1852-1935), scrittore famoso per i suoi studi
psicologici,
presenti anche nei suoi romanzi, alla ricerca di una "anatomia
morale" della coscienza umana. A compimento di questo
“viaggio” tutto intellettuale, si pone l’opera de
I Vicerè (1894),
il capolavoro di De Roberto. E’ questa una "storia di famiglia",
quella degli Uzeda di Francalanza, di lunga nobiltà nei secoli.
I suoi componenti sono accomunati dalla razza e dal sangue
antico, ma corrotto (sia moralmente che biologicamente) dai
numerosi matrimoni tra consanguinei. Caratteristica della
famiglia è l’avidità, oltre che la sete di potere, le meschinità
e gli odii intestini, che i familiari posseggono l'uno per
l'altro. Il romanzo è ambientato negli anni che vanno dal
1850 al 1882, e vi si trovano tutte le illusioni e i disinganni
legati al periodo storico dell’unificazione italiana.
De Roberto, per la stesura del romanzo, effettuò un’attenta
ricerca storica degli anni caldi del Risorgimento. Prese ad
ispirazione una famiglia nobile realmente esistita: Casa Paternò
ed in particolare la figura del Marchese di San Giuliano,
Antonino Paternò Castello, che fu anche Sindaco di Catania,
Ambasciatore e Ministro degli Esteri. Alla base della "storia di
famiglia" vi è il principio positivistico e naturalistico della
“ereditarietà”, con tutte le sue inevitabili conseguenze:
Chiara, la figlia della principessa, partorirà un feto
mostruoso, conservandolo dopo sotto formalina in una boccia di
vetro.
Ne
L'Imperio
(romanzo
rimasto incompiuto), e nelle ultime raccolte di novelle
Processi verbali (1889) e ne L'albero della scienza
(1890),
hanno il sopravvento tematiche e tecniche proprie dello stile
verista. In un periodo di soggiorno a
Zafferana
Etnea,
compose, addirittura, una Guida di Catania,
pubblicata da
Muglia Editore nel 1907,
e arricchita da 152 illustrazioni della città.
L’opera di
De Roberto segue di poco quella di Verga e Capuana. Per questo
egli non fa che portare
alle estreme conseguenze, la teoria verista. La regola
dell’impersonalità del narratore
e quella dell’osservazione rigorosa dei fatti e della
descrizione degli ambienti sono rispettate, ma non quella della
regressione della
voce narrante.
Come nel Mastro-don Gesualdo
di Verga,
è presente, invece, spesso nelle sue opere il discorso indiretto
libero.
Usatissimo da De Roberto nei romanzi è il dialogo tra i
personaggi, quasi come in una composizione teatrale. Egli,
infatti, scrive:
“L’impersonalità assoluta non può conseguirsi che nel puro
dialogo, e l’ideale della rappresentazione obiettiva consiste
nella scena come si scrive per il teatro”.
|
|