Alla Galleria Planetario di Trieste un “Omaggio a Bruno Chersicla”

A 11 anni dalla prematura scomparsa dell’artista, la Galleria Planetario di Trieste dedica un “Omaggio a Bruno Chersicla” con una rassegna di sculture. pitture e disegni, nel segno della lunga collaborazione, avviata nel 2000 e proseguita fino alla scomparsa nel 2013, con l’esposizione delle personali nel 2002 e nel 2008 e la comune partecipazione a tante esposizioni (Toronto nel 2004, cui seguirono in ArteFiera Bologna, MiArt Milano, ArtVeronaPalmanova, Pordenone e la prestigiosa antologica a Palazzo TE di Mantova).
La mostra inaugura martedì 25 giugnoalle ore 18.30, alla Planetario, in via Fabio Filzi, 4 (primo piano), visitabile fino al 15 settembre, tutti i giorni feriali dal martedì al sabato, con orario 11.00/13.00 – 17.00/19.00).

Un “Omaggio a Bruno Chersicla”
alla Galleria Planetario di Trieste

martedì 25 giugno alle ore 18.30 inaugura la mostra
Esposizione fino al 15 settembre 2024

“Artista poliedrico e appassionato” – afferma il curatore Livio Radin, ricordando le Indimenticabili serate trascorse insieme, tra conversazioni sull’arte e serate musicali con il suo contrabbasso da appassionato interprete di Jazz – “Bruno Chersicla è passato dalla pittura alla scenografia, all’insegnamento del graphic design. La combinazione di passione artistica, generosità e il forte legame con la sua città natale, Trieste, è stata fonte d’ispirazione e il suo desiderio di condividere l’arte con la comunità, di lasciare un segno di amore indelebile, si è concretizzato nel generoso regalo che fece alla città: il grande graffito in piazza Unità d’Italia, realizzato con l’aiuto di 4.700 triestini, entrato poi nel Guinness dei Primati”.


Bruno Chersicla rimane un punto di riferimento nell’arte triestina, ma non solo. Nel 1995 in occasione di una mostra personale a Todi, l’astrattista Piero Dorazio scriveva di Chersicla “… sono rimasto affascinato, non solo dalla sua presenza ma soprattutto dall’intelligenza della sua fattura, dalla creatività delle soluzioni plastiche e formali, dalla vitalità dei suoi contorni.  Sono sicuro che de Chirico, Depero, Dubuffet, Delaunay, Duchamp, (e per lasciare la serie D) Arp, Balla, Boccioni, Picabia, Klee, Malevic, Picasso, Leger, lo riterrebbero meritevole di un invito nel loro Olimpo…”.

Lo storico dell’arte e critico Enrico Crispolti ha definito le opere di Bruno Chersicla delle “scultopitture”, sottolineando come “le sue sculture in legno a multistrati, scomponibili in tante parti, tenute insieme da perni, cerchino di catturare la forma esteriore, l’essenza, l’intima verità, di figure, volti, miti e oggetti del nostro tempo, forme basilari della geometria. Sono, quelle sculture, un intreccio, quasi stordente e vertiginoso, di geometrie semplificate, di flussi di linee, una sinfonia di forme di arcana memoria, sinuose e inquiete, di colori che accentuano e esaltano certe superfici, ne mettono in sordina altre, colori tenui che hanno una funzione importantissima nel definire i volumi, il senso illusorio della profondità, e nel alludere ai blocchi, alle articolazioni in cui la scultura può essere scomposta”.

Alcune delle opere in mostra alla Galleria Planetario
Giorgio Strehler 2000  legno okoumè dipinto cm 185x87x9
Hemingway 2000  Legno okoumè dipinto cm 145x80x9
Il contrabasso 1999  Legno okoumè dipinto cm 190x90x9
Il bacio 1994  Legno okoumè dipinto cm 190x60x9
Mac 1997  Legno okoumè dipinto cm 1750x67x9
Mandrake 2002  Legno okoumè dipinto cm 191x25x9
Caterina 2001 Legno okoumè dipinto cm 185x87x9
Freud 1978 Legno okoumè dipinto cm 38x35x9
Raccordosei 2008  Acrilico su legno okoumè multistrati, cm 153×126
“Onda grigia con segni blu” 1963  Tecnica mista su tela cm 24X18
CDM-F-05 2007 Tecnica mista su carta cm 50×35
RDM-CO.KGRD 2008 Acrilico su legno dipinto cm 153×101
Broke 2007 Legno okoumè dipinto cm 53x30x9

Infine, altre 30 opere, tra cui alcune particolarità:
10 disegni in grafite, realizzati da Bruno Chersicla per illustrare il libro di poesie dialettali di Claudio Sibelia, “Arie Triestine in Versi”.

Dalla fine degli anni 80 al 2007, l’artista inviava a molti artisti, letterati ed estimatori un disegno a matita, una figura di spalle che reggeva una cornice. Chi riceveva, restituiva con l’interno della cornice, un dipinto o un pensiero grafico. Nel 2005 la Galleria Galliata di Alassio raccolse parte di queste mini-opere in un libro, “Il collezionista”, dialoghi disegnati con 70 artisti contemporanei.

Da appassionato viaggiatore, Bruno Chersicla visitò le più importanti città del mondo, da dove spediva le cartoline da viaggio ai suoi amici che aveva preparato in xilografie prima di partire.

Bruno Chersicla, triestino di nascita, 1937, mitteleuropeo di cultura, è stato pittore, disegnatore e scultore.
Si iscrive all’Istituto d’arte “Nordio”, dove frequenta i corsi di arredamento e decorazione navale. Si diploma al Conservatorio “Tartini” appassionato di musica jazz e letteratura. Appartiene a quel filone ideale che rappresenta lo specifico della triestinità. Negli anni 60 ha fatto parte del gruppo d’avanguardia triestino “Raccordosei”, con gli artisti Caraian, Cogno, Palcic, Perizi e Reina. Nel 1966 si trasferisce a Milano, dove ha lavorato al Piccolo Teatro. Qualche anno dopo ha aperto un atelier a Zoccorino in Brianza, una suggestiva casa-laboratorio negli spazi di una antica filanda, dove si è dedicato principalmente alla scultura lignea.

Bruno Chersicla è stato un nomade come artista, perché istintivamente era un curioso, le instancabili frequentazioni di mostre e artisti, dalle personali predilezioni per la Bauhaus, Futurismo, Surrealismo, Informale segnico e materico.
Dagli anni 70 tralascia progressivamente la pittura, la scenografia, l’insegnamento del graphic design per dedicarsi quasi esclusivamente alla scultura lignea. Esordisce nel 1962 con una mostra a Udine. Nel 1975 riceve il Premio d’Honneur alla Biennale di Murska Subota per la Piccola Scultura, 1978.

Inizia il ciclo dello “Spitzenkongress” un omaggio di Chersicla a tutte le personalità che hanno contribuito a forgiare la sua identità culturale: Joyce, Freud, Svevo, Saba, Majakovskij, Kafka, Klee, Kandinskij. Nel 1982 è l’anno di “E’ tornato Joyce”, opere per le celebrazioni triestine dell’anno Joyciano, mostra che dopo Trieste sarà esposta a Palazzo Sormani di Milano. Nel 1986 la mostra “Trouver Trieste” a Parigi, sempre negli anni 80 ha un breve ritorno alla pittura con il ciclo intitolato “Tropos” pur rimanendo sempre attento alla scultura lignea. Seguono nel 1994 la mostra antologica a Reggio Emilia, nel 1995 la personale a Todi alla Galleria Moenia, nel 1996 alla Galleria Fidesarte a Miami e alla Galleria Blu a Chicago, la grande mostra personale al Museo Revoltella a Trieste, alla Galleria la Scaletta di Reggio Emilia. 

Nel 2001 ottiene il Guinness dei primati per il dipinto più grande del mondo realizzato nella Piazza dell’Unità d’Italia.  Nel 2007, ha viaggiato con la Transiberiana, documentando il viaggio con appunti e disegni, raccolti in una preziosa pubblicazione. Nel 2008 riceve il premio delle Arti e della Cultura di Milano.  Nel 2009 la personale a Palazzo Frisacco di Tolmezzo, curata da Enzo Santese, cui segue sempre nel 2009 la mostra “Una Trieste Immaginaria” con 20 opere alla Lega Navale. Nello stesso anno riceve il premio San Giusto d’Oro. Seguirà nel 2010 la mostra alla Galerie Bares Paris. 


Aps comunicazione Snc
di Aldo Poduie e Federica Zar
viale Miramare, 17 • 34135 Trieste
Tel. e Fax +39 040 410.910
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TRISCHENE: il più grande mosaico della Calabria realizzato dall’artista Massimo Sirelli

Inaugurato il più grande mosaico della Calabria, realizzato dall’artista Massimo Sirelli: “Trischene”, opera che misura circa 200mq composta interamente da oltre 6000 mattonelle di recupero

Un mosaico che spalanca una finestra di luce e colore su un grande muro grigio di contenimento che porta con sè una storia significativa legata alla tragedia degli anni ’60 in cui persero la vita due operai. 

Ed è proprio a loro che Massimo Sirelli dedica i cuori lilla presenti all’interno dell’opera. A circondarli si trova un paesaggio gioioso che sembra visto dagli occhi di un bambino, composto al centro dalle tre colline della leggendaria colonia magnogreca di Trischene, fondata sulle alture Uria, Simeri Crichi e Soveria Simeri

Il paesaggio è seguito alle spalle dalle coloratissime e a volte innevate montagne della Sila, con il cielo arricchito dal volo dei palloni di Santa Lucia, come da tradizione a Soveria Simeri, attraverso i festoni e le nuvole bianche. Per poi finire al centro dei due cuori lilla con un grande cuore magenta, simbolo della comunità di Soveria Simeri.

Quest’opera che sembra ci permetta di vedere oltre il muro è stata finanziata dal Bando Regionale Attività Culturali 2022- PSC 6.02.02 ed è stata realizzata con il supporto della ditta Ecoedil srls di Giovanni Lippelli, con la progettazione curata da Progean srl.

TRISCHENE
Il più grande mosaico della Calabria realizzato da Massimo Sirelli

Si trova a Soveria Simeri (CZ)
misura circa 200mq 
ed è composto da 6000 mattonelle di recupero

Massimo Sirelli è un’artista italiano. Art e creative director: curioso, eclettico e poliedrico. Il suo approccio alle arti visive avviene in adolescenza tramite la graffiti art. Attraverso la prospettiva della strada impara a filtrare i linguaggi metropolitani: le scritte, la pubblicità, gli arredi urbani, i mezzi pubblici e i rifiuti, tutto diviene per lui ambiente di ricerca ed sperimentazione. Diplomatosi nel 2003 allo IED di Torino nel dipartimento di Digital e Virtual Design, per alcuni anni collabora come freelance con diverse agenzie di comunicazione, lavorando su noti marchi nazionali ed internazionali (Alpitour, Rai, Coca Cola, Ferrero, Seven, Fiat, Iveco etc.). Nel 2006 apre lo studio creativo Dimomedia e i suoi lavori iniziano ad essere pubblicati su alcuni dei più importanti libri di grafica e web design al mondo (Taschen, Gestalten, PepinPress). È docente di Tecniche di presentazione e Portfolio presso lo IED di Torino e di Como.Nel 2013 Sirelli lancia il progetto AdottaunRobot.com, la prima Casa Adozioni di Robot da compagnia al mondo. Robottini Orfani del progresso industriale e del consumismo sfrenato, trovano il loro cuore e la loro anima attraverso l’opera e la ricerca dell’artista, che li assembla e cerca di dar loro una nuova “Famiglia”.Le sue opere hanno ispirato noti marchi della moda e del prodotto: Cirio, Amarelli, Jadise, con cui ha realizzato capsule in limited edition. È ambassador di Airc e collabora con la Onlus Insuperabili, e founder del progetto “La mia Calabria è bellissima”.


Massimo Sirelli
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Ufficio Stampa:
Daccapo Comunicazione

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(Ester Apa) (Marcello Farno)

Padova: “I segni dell’Anima” – La musica e le suggestioni dell’acqua

Dopo il successo dello scorso anno, lunedì 17 giugno, alle ore 11 presso la Sala del Romanino del Museo Eremitani, verrà inaugurata ufficialmente la II edizione della mostra I Segni dell’anima, mostra allestita nell’atrio di Palazzo Zuckermann, dedicata quest’anno alla musica e alle suggestioni dell’acqua.

I Segni dell’anima, II edizione
La musica e le suggestioni dell’acqua

Padova, atrio di Palazzo Zuckermann,
17-23 giugno 2024
Corso Garibaldi 33

L’iniziativa, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune – Musei Civici di Padova, con il patrocinio del Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria del Triveneto, del Club per l’Unesco, con il sostegno del Rotary Club Verona e Inner Wheel Club Padova (2 C.A.R.F.), raccoglie le opere dei detenuti coinvolti nel progetto I Suoni della Bellezza, laboratorio ideato dal M° Nicola Guerini che valorizza il percorso percettivo attraverso l’ascolto della musica: un ascolto che genera segni e narrazioni creative fissate sui fogli con l’uso dei colori. Sono segni che parlano di dolore, di fallimento ma anche di commozione e sorrisi che si accendono come luci sul foglio diventando impronte di una rinascita.

Nicola Guerini, direttore d’orchestra e attivo divulgatore, da anni promuove l’ascolto della musica come esperienza immersiva negli istituti penitenziari, stimolando non solo la dimensione emozionale e istintiva del detenuto, ma anche coinvolgendolo in un approccio introspettivo basato sulla comprensione e l’interiorizzazione del percorso rieducativo vissuto in carcere.

Il progetto, sotto l’egida del Rotary Club Verona, è divenuto protocollo con il Provveditorato di Padova (2021) per 16 istituti penitenziari del Triveneto.

LA MOSTRA – I Segni dell’anima. La musica e le suggestioni dell’acqua, aperta al pubblico fino alla mattina di domenica 23 giugno è stata realizzata con la curatela di Silvia PrelzMaurizio Longhin e dello stesso Guerini, in collaborazione con Maurizio Bruno. La mostra prevede l’esposizione di oltre 40 elaborati realizzati con tecnica mista, raccolti negli istituti penitenziari di Padova, di Treviso e quest’anno anche della Casa di reclusione femminile a Venezia, dove le detenute hanno prodotto disegni nati dall’ascolto immersivo di celebri pagine sinfoniche: un grande mosaico cromatico scaturito dalle note di Smetana, Ravel, Morricone, Debussy e molti altri, le cui tessere sono mappe emotive di un “sentire” individuale e autentico.

Il visitatore sarà guidato dai gesti delle linee, dalla ricchezza cromatica delle forme, parole che raccontano il loro viaggio dentro al proprio mare interiore. Un luogo fatto di abissi ma anche di luci che si riflettono nelle trame specchiate.

Le opere inoltre saranno visibili nei dettagli su di un monitor, per offrire un’esperienza immersiva nel colore attraverso la suggestione dei suoni.

All’inaugurazione, oltre ad Andrea Colasio, Assessore alla Cultura Comune di Padova, e a Francesca Veronese, direttore dei Musei Civici, interverranno autorità e collaboratori del progetto tra cui il Senatore Andrea Ostellari, Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizi; la dott.ssa Rosella Santoro Provveditore Amm. Penitenziaria regionale per il Veneto – Friuli Venezia Giulia – Trentino Alto Adige; Tindara Inferrera, Responsabile rapporti istituzionali per il progetto I Suoni della Bellezza; il M° Nicola Guerini, Direttore d’orchestra e ideatore del laboratorio I Suoni della Bellezza; il dott. Claudio Mazzeo, Direttore Casa di Reclusione di Padova; il dott. Alberto Quagliotto, Direttore della Casa Circondariale di Treviso; la dott.ssa Maria Grazia Bregoli, Direttrice della Casa di Reclusione femminile di Venezia. Modererà l’incontro Isabella Ottobre.

Al termine della inaugurazione in Sala del Romanino seguirà la visita alla mostra a Palazzo Zuckermann. L’esposizione resterà aperta fino al mattino di domenica 23 giugno.

Ingresso libero
Orario: lunedì 10-13.30, martedì-sabato 10-19, domenica 10-13.30


Dichiarazioni

«Ringrazio innanzitutto il Rotary Club di Verona e il Maestro Nicola Guerini, che coadiuvano con passione l’Amministrazione Penitenziaria nel suo mandato istituzionale di promozione di interventi tesi a ridurre il disagio e la sofferenza delle persone detenute – dichiara il Provveditore, dott.ssa Rosella Santoro -. Questa esperienza, ripetuta nel corso degli anni, offre la possibilità di esprimere e comunicare sentimenti ed emozioni attraverso il linguaggio musicale e pittorico, supportando la popolazione ristretta nel processo di adattamento alle difficoltà psicologiche che la reclusione comporta».

«La Musica è linguaggio universale che ci insegna a ri-conoscere il nostro patrimonio percettivo ed emozionale – dichiara il maestro Nicola Guerini -. Il suo insegnamento più grande è l’ascolto, un ascolto che diventa esperienza immersiva individuale per nuovi percorsi di crescita consapevole».

«Credo fermamente in questo Progetto – dichiara Tindara Inferrera -, poiché la musica tocca in maniera significativa l’anima, attraverso i pensieri e le emozioni che hanno la capacità di contribuire allo sviluppo educativo della nostra comunità, per una vita migliore».

«Il carcere è uno spazio generalmente inteso come chiuso ma che tende all’apertura dei mondi interiori infiniti dei loro abitanti grazie all’arte – afferma la dott.ssa Maria Grazia Bregoli -. Il carcere diventa spazio del progetto creativo I Suoni della Bellezza, guidato dal maestro Nicola Guerini, che fa emergere la dimensione creativa di ogni essere umano che riscopre emozioni, che crea bellezza, che rigenera, che alimenta la speranza di una nuova vita».

«Nel luogo in cui i colori rischiano di diventare indistinti ed i suoni ribelli all’armonia, il recupero del senso dell’osservazione unito alla percezione della musica può diventare uno strumento di consapevolezza di un qualcosa che mai prima, nemmeno nella vita libera, si era avvertito – dichiara il dott. Alberto Quagliotto -: l’Uomo creatore di bellezza,… sì che “vostr’arte a Dio quasi è nepote”.

«Il progetto del maestro Guerini dimostra in maniera inequivocabile che anche in carcere luogo di sofferenza è possibile coniugare arte, sentimenti e in una parola bellezza», dichiara il dott. Claudio Mazzeo. 


Ufficio stampa
Studio Pierrepi
Alessandra Canella
canella@studiopierrepi.it
www.studiopierrepi.it

Bologna: Museo Spazio Pubblico presenta “Il giardino delle idee cristallizzate”

Museo Spazio Pubblico è lieto di presentare un nuovo progetto di Marcello Tedesco (Bologna, 1979) che indaga in modo innovativo e radicale il significato dell’opera pubblica. Il progetto è ospitato sia nello spazio interno del Museo, visitabile solo su appuntamento, che nel giardino adiacente, sempre fruibile dalla comunità e dai visitatori.

Marcello Tedesco, Il giardino delle idee cristallizzate, 2024, salgemme rosa e grigie, tondino di ferro low

Museo Spazio Pubblico presenta
Il giardino delle idee cristallizzate.
Similitudine dell’opera pubblica e delle forze a lei avverse.
 
Un progetto di Marcello Tedesco a cura di Luisa Bravo
 
OPENING: 14 giugno 2024, ore 18,30
MEET THE ARTIST: 25 giugno, ore 18,30
Via Curiel 13/d, Bologna
www.museospaziopubblico.it

Dopo un articolato percorso di sperimentazione l’artista è pervenuto all’idea secondo cui la progettazione dello spazio collettivo non può oggi limitarsi esclusivamente alla consueta prassi di collocare nello spazio comune un’opera in una scala adeguata al contesto. Difatti questa, a prescindere dalla sua qualità, ha per sua natura un elemento divisivo intrinseco, che contraddice l’idea stessa di spazio pubblico. L’elemento divisivo consiste nel fatto che l’opera, così concepita, rischia di essere espressione di un particolare e ristretto ambito culturale e sociale che difficilmente potrà relazionarsi con la totalità della società.

La sfida inerente all’elaborazione dello spazio pubblico è davvero grande, in quanto richiederebbe la capacità di pensare oltre le convenzioni tradizionali, in questo caso oltre l’archetipo del monumento o i suoi derivati rivisitati in una chiave contemporanea. Dobbiamo veramente scandalizzarci se qualcuno non sentendosi rappresentato da questa forma, e dal retaggio che questa presuppone, ne contesta in qualche modo la legittimità?

La domanda che si è posto l’artista è se oggi esiste ancora una dimensione accomunante tutti gli esseri umani a prescindere dalle numerose differenze sociali, economiche e culturali. La risposta a questo quesito ha richiesto diversi anni di ricerca nei quali l’artista ha realizzato, a partire dal 2013 a oggi, diverse opere “pubbliche” in luoghi difficilmente raggiungibili come deserti, boschi, montagne. La motivazione per una tale attività, apparentemente incongruente, consiste proprio nella volontà di comprendere sul campo criticità e potenzialità dell’opera pubblica e le sue possibili formulazioni oltre i suoi aspetti convenzionali.

Se l’opera d’arte tradizionalmente intesa nel contesto pubblico reca intrinseci elementi di divisività, difficilmente eludibili in un’ottica autenticamente democratica, la possibilità di focalizzare l’attenzione creativa sui processi di trasformazione interiore e sulle resistenze a questi è un terreno che l’artista ha ritenuto essere l’elemento essenziale che accomuna l’esperienza umana.

Ogni essere umano indistintamente è chiamato per vivere ad affrontare complessi processi di trasformazione e rarefazione di stati emotivi che lungi dall’essere una questione privata diventano piuttosto qualcosa di socialmente rilevante, in quanto strettamente connessi alla dimensione del pensiero e del comportamento.

L’installazione pensata nello spazio pubblico esterno ha come titolo Il giardino delle idee cristallizzate. Numerosi blocchi di salgemma rosa e grigia sono collocati su esili strutture di acciaio. Questi effimeri elementi, perfettamente assimilati e quasi mimetizzati nel paesaggio, sono intesi da Marcello Tedesco come sedimenti di idee cristallizzate, immobili e inerti manifestazioni di un passato che in qualche modo inibisce la formulazione di idee nuove, le quali a loro volta diventeranno comportamenti inediti. Il processo di trasformazione predisposto dall’artista consiste nell’esporre questi sedimenti minerali alle forze della vita: ossigeno, umidità, calore, luce, buio, tempo. L’azione concertata e simultanea di questi innesca un processo irreversibile di rarefazione progressiva della materia, che nel corso del tempo dissolve silenziosamente ma inesorabilmente i blocchi di salgemma.

Il processo materiale al quale assistiamo è similitudine di una trasformazione inerente ai pensieri che ogni singolo individuo può attivare per superare l’azione inibitoria che blocca l’affiorare di nuove prospettive. Attraverso il linguaggio di una scultura, intesa come capacità di rivelare le forze latenti della realtà, l’artista offre la possibilità di comprendere e interiorizzare uno stato di cose che riguarda ogni singolo essere umano e trarre dall’osservazione di questo processo ispirazione per la de-mineralizzazione dei propri pensieri.

Il processo appena descritto e le relazioni che innesca tra individuo e gruppo, tra paesaggio naturale e contesto urbano e il mutuo reintegrarsi di essi, sono come Tedesco intende l’opera pubblica in questo frangente. Dunque, in questo caso alla comunità è offerta una sorta di misterioso dispositivo per favorire quanto appare necessario attuare per la rigenerazione sociale, attraverso non astratte ideologie, bensì mediante un’esperienza reale.

L’installazione presentata all’interno di Museo Spazio Pubblico affronta, come l’opera nel giardino, il tema della dissoluzione dei sedimenti minerali. Tuttavia, qui la sostanza utilizzata è il cloruro di calcio, materiale mai utilizzato in campo artistico, il quale ricorda in modo impressionante l’aspetto delle ossa; come a dire che siamo davanti ad un processo di trasformazione molto profondo e radicale. Qui si affronta la dissoluzione di pensieri provenienti dal passato che si sono “nascosti” e intersecati nella parte più remota dell’essere umano e da lì agiscono come forze bloccanti.

All’interno di alcune teche di cristallo il processo di rarefazione è colto in varie fasi, la cruenza di tale azione è testimoniata dall’aspetto estremamente traumatizzato sia delle teche che del cloruro di calcio in fase di disgregazione. L’impressione che si ha è quella di assistere a un processo di trasformazione interiore, l’impianto formale e i materiali utilizzati tendono a sottolineare questo sguardo fissato verso l’interno, dove la trasparenza è sinonimo di capacità penetrativa e osmosi tra un dentro e un fuori. Questo aspetto evidenzia la stretta relazione tra vita interiore e sociale.

La capacità scultorea di Marcello Tedesco di rendere visibile le forze architettoniche del reale, certamente oltre gli assunti esclusivamente materialistici, in quest’opera appare in tutta la sua sconcertante evidenza. Anche se formalmente l’opera è lontana dal sembrare qualcosa di inerente alla rappresentazione dell’essere umano è dall’altro lato evidente come invece l’artista riesca a cogliere attraverso le sue “azioni scultoree” la realtà umana in modo profondo e universale, sapendo equilibrare, in un linguaggio incisivo, il processo e la sua (temporanea) formalizzazione.

Riteniamo che questo peculiare approccio all’opera pubblica possa dare qualche ulteriore impulso alla sua elaborazione, nella speranza che un crescente numero di individui senta la necessità di de-mineralizzare il proprio pensiero, liberandolo da sedimenti ormai svuotati di vita.


Marcello Tedesco (Bologna, 1979) si forma all’Accademia di Belle Arti di Brera dove segue vari workshop con artisti appartenenti alla scena internazionale. Consegue inoltre una formazione antroposofica a Trento. Accanto al lavoro artistico intraprende anche l’attività di regista realizzando numerosi film. Dal 2019 è direttore e curatore di mtn | museo temporaneo navile di Bologna e del programma di residenze artistiche Capital Project (Colle Ameno, Sasso Marconi). Ha collaborato in veste di curatore con la Fondazione Rusconi e Museo Spazio Pubblico di Bologna. 

La sua prassi artistica è focalizzata sull’ampliamento del linguaggio scultoreo e architettonico. Sue opere sono state presentate in prestigiosi contesti come Pinacoteca Nazionale di Bologna, Fondazione Michetti (Francavilla al Mare), Fabbrica del Vapore di Milano, Museo Civico Bodini (Gemonio), PAC – Padiglione di Arte Contemporanea di Milano. Alcuni suoi video sono stati inseriti nell’archivio della GAM di Torino. Ha inoltre esposto in contesti internazionali quali l’AV17 Gallery di Vilnius, la SAFA – State Academy of Fine Arts of Armenia (Yerevan), Madeinbritaly (Londra), The Turist (Montevideo). 

Negli ultimi anni realizza opere di scultura architettonica in luoghi isolati come deserti, boschi e in alta montagna.

Recentemente il suo poema “Un’architettura barbarica” è stato pubblicato sul numero 39/40 di Città in Controluce. Nel 2023 il Museo del Novecento di Milano ha acquisito un suo disegno nell’ambito del progetto Drawings for lightning.

Principali mostre personali: 
Il giardino delle idee cristallizzate, Museo Spazio Pubblico, Bologna; Expedient exhibition, PIETRO, Bologna; À VRÈS, Cesare Zavattini/Marcello Tedesco, Kappa  Noun, San Lazzaro di Savena; Megaloschemos, Galleria Arrivada, Milano, a cura di Samuele Menin; Aufbluhen, Gelateria Sogni Di Ghiaccio, Bologna, a cura di Rossella Moratto; Lamed, Surplace, Varese, a cura di Andrea Lacarpia; Sophie Von K, Spazio 74/b, Milano, a cura di Samuele Menin; Polaritis, AV17 Gallery, Vilnius.


MUSEO SPAZIO PUBBLICO­­­­­ + IL GIARDINO
Il giardino delle idee cristallizzate.
Similitudine dell’opera pubblica e delle forze a lei avverse.
Un progetto di Marcello Tedesco a cura di Luisa Bravo
www.museospaziopubblico.it 
14 giugno – 19 luglio 2024
 
Visitabile nello spazio di Museo Spazio Pubblico solo su appuntamento.
(WhatsApp)  +39 331 417 3672 / +39 338 5661021
 info@museospaziopubblico.it

mtn | museo temporaneo navile
www.museotemporaneonavile.org
info@museotemporaneonavile.org

Borgo Incoronata, Foggia: fino al 31 agosto “Rossi Cardinali” di Francesco Petrone

Da venerdì 14 giugno fino al 31 agosto 2024, presso la sede dell’Azienda Borgo Turrito a Borgo Incoronata (Foggia), sarà possibile ammirare l’installazione Rossi Cardinali di Francesco Petrone. 
Accompagnata da un testo critico di Chiara Guidoni, l’opera, ideata e creata per il viale alberato dell’azienda, si muove su una riflessione parallela fra il simbolo e la natura, creando un meccanismo ossimorico che l’artista abbraccia frequentemente nella sua poetica e nella sua produzione: un viale di alberi di ulivo tempestato da una miriade di uccelli cardinali in cera rossa.

Francesco Petrone
 
Rossi Cardinali, l’installazione tra gli ulivi di Borgo Turrito


Dal 14 giugno al 31 agosto 2024

Borgo Incoronata – Foggia

La genesi dell’opera sarebbe quindi da ricercare in un doppio binario, che da un lato analizza la figura dell’uccello cardinale, in particolare modo nella sua valenza simbolica e cromatica, e dall’altro, attraverso l’utilizzo di un materiale come la cera, abbraccia una riflessione più ampia sul rapporto dell’uomo con le forze naturali. 

Gli uccelli rappresentano il rapporto fra la terra e il cielo, fra ciò che è terreno e ciò che è divino: una creatura capace di abitare entrambe queste sfere e di esserne perciò messaggero. Il rosso è invece il colore che allude alla passione e al sangue, colore vivo e vivificante, ma contemporaneamente foriero di una sfera sensibile profonda e umana. Anche l’ulivo, per cui l’istallazione è stata pensata, ha un significato che spazia dal mito alla tradizione cristiana: albero caro ad Atena che lo donò al popolo ateniese, ma anche il simbolo degli ultimi momenti prima della passione di Cristo. La cera, invece, materiale morbido e plasmabile, allude alla possibilità di mutamento, di trasformazione, in particolare, in questo senso, una trasformazione collegata ad agenti naturali. 

L’installazione inaugurerà la stagione estiva, contraddistinta in questi ultimi anni da temperature alte, siccità, o fenomeni atmosferici potenti e incontrollati: l’azione umana, che l’artista rappresenta attraverso la sua azione e creazione, sottostà inevitabilmente a quella della natura, che ha tentato in passato di plasmare, ma che, sempre più palesemente, lo consuma, pagando il dazio di maltrattamento perpetrato per secoli. 

Come scrive Chiara Guidoni nel testo di presentazione: «Francesco Petrone riflette su un cardine, un cardinale, che apparentemente non ha centro, ha anzi il potere di cucire la terra al cielo con il suo andamento. Un cardinale che, parafrasando Platone, con la forza della sua ala “tende per sua natura a portare in alto ciò che è pesante, sollevandolo dove abita la stirpe degli dei”. Cardinali appollaiati, che dalla loro solitudine sono tornati stormo, a riposo, a guidare la strada degli spettatori in un viale di alberi sacri a molti: pagani, profani e cristiani. L’artista sceglie quindi questa casa per le sue sculture, a fornire loro un’aura di pace e prosperità, ad augurar loro una vittoria che non cinga solo il loro capo di ulivo, ma il loro essere e i loro significati».

Francesco Petrone (Foggia, 1978) vive e lavora a Roma. Si laurea con lode presso l’Accademia di Belle Arti di Foggia; ha lavorato come scenografo per il teatro e il cinema ed è docente presso il Liceo Artistico Argan di Roma. La sua pratica è incentrata su un’analisi del contesto contemporaneo attraverso l’uso della scultura non come fine ma come mezzo di indagine. L’interesse si situa sul simbolo, che riporta attraverso l’uso di materiali industriali e freddi, quali cemento armato e ferro, ma anche quotidiani e caldi, quali legno, pane, ghiaccio, muffe e muschi. Artista votato alla circolarità, riconosce la coincidenza dei concetti di inizio e di fine, se ne fa messaggero, attraverso forme, idee e materiali. Il suo campo di indagine comprende anche una pratica più effimera, legata alla trasparenza e all’inafferrabilità, avvicinandosi al concetto di tempo, che egli riflette nel vetro, in un gesto che è lo specchio del suo processo di indagine artistica verso l’essenza. Fra le mostre si segnalano: Station to Station (Reggio Calabria, 2021), Biennale d’Arte di Viterbo (Celleno), Lazzaro Art doesn’t sleep (New York, Milano, Roma, Palermo, Istanbul), Ingombri/Altro altrove, MAAM – Macro Asilo(Roma), Atelier d’Artista – MACRO Asilo (Roma), Art Room 72 (Shangai), Apulia Land Art (Alberobello (BA)), Collezionisti&Collezioni, MARCA (Catanzaro), ARTSIDERS, Galleria Nazionale dell’Umbria (Perugia), Mosche nello stomaco, MAAM (Roma).


Meglio il volo dell’uccello che passa e non lascia traccia, del passaggio dell’animale, che resta segnato per terra.
L’uccello passa ed è dimenticato, e così dev’essere.
L’animale, dove non è più, e perciò non serve a niente, rivela di esserci stato, e ciò non serve a niente.
Il ricordo è un tradimento alla natura, perché la natura di ieri non è natura.
Ciò che è stato non è niente, e ricordare è non vedere.
Passa uccello, passa e insegnami a passare!

Alberto Caeiro (eteronimo di Fernando Pessoa), Il guardiano di greggi, XLIII,1011-1912

Succede a volte di non accorgersi del nostro incedere. Succede perché scambiamo le cose della vita per la vita stessa: il tempo, sempre sulla nostra bocca e sui nostri piedi, si trova troppo lontano dal cuore. 

I nostri passi segnano la nostra strada, vediamo dove eravamo e ci portano dove saremo: interi, assoluti, ma probabilmente disgregati, spesso senza simili, incediamo. Andiamo tanto avanti da non esser più una parte ma l’unica parte, il soggetto che compie, lascia la traccia del suo andare, a volte per inconsapevolezza, a volte per vanità.

“Meglio il volo d’uccello che passa e non lascia traccia”: un inno all’impermanenza? Forse un inno alla realtà che sta nel presente, un invito a non fare dei ricordi dei vuoti simulacri. 

La parola “cardinale” viene da “cardine”, l’elemento che resta fermo mentre il resto ruota, il punto di partenza e di ritorno di un movimento. Centro, ma anche cerniera, il raccordo necessario affinché dal fulcro non ci si allontani troppo. 

Francesco Petrone riflette su un cardine, un cardinale, che apparentemente non ha centro, ha anzi il potere di cucire la terra al cielo con il suo andamento. Un cardinale che, parafrasando Platone, con la forza della sua ala “tende per sua natura a portare in alto ciò che è pesante, sollevandolo dove abita la stirpe degli dei”. Cardinali appollaiati, che dalla loro solitudine sono tornati stormo, a riposo, a guidare la strada degli spettatori in un viale di alberi sacri a molti: pagani, profani e cristiani. L’artista sceglie quindi questa casa per le sue sculture, a fornire loro un’aura di pace e prosperità, ad augurar loro una vittoria che non cinga solo il loro capo di ulivo, ma il loro essere e i loro significati.

L’artista fa inoltre ritorno ad un tradizione antichissima, anch’essa mediata nel culto cristiano da resistenze pagane, quella della scultura votiva in cera: materiale naturale e di facile reperibilità anche in tempi antichissimi, che ha dato forma alle anime degli antenati, dei Lari e dei Santi e conservato auspici di fedi diverse, dai geni familiari di greci e romani, fino agli ex voto di piccole maestranze cattoliche. Si può affermare che la cera fosse la materia delle genti, andando in soccorso di tutti coloro che non si potevano arrischiare verso legno, metallo o pietra: ha custodito i cuori dei popoli, nelle epoche, nobile non per ceto, ma per messaggio. È stata lì a proteggere anime, corpi e speranze, una custode mite e leggera, materiale non freddo e perciò incline ad allearsi col fuoco, che la plasma e di cui a volte diventa la casa.  

In quest’opera, con le fiamme il legame è duplice: questi cardinali sono rossi sia per operazione mimetica, intesa nel suo senso più filosofico, sia per allusione simbolica. Colore vitale e spesso sacro il rosso è il buon auspicio, ma anche la passione, è l’amore ma anche il sangue del sacrificio. Parallelismo necessario diventa quindi quello con la fase alchemica della rubedo, il compimento del processo di trasformazione della materia, ma anche, simbolicamente, l’alba. L’alchimia nei secoli, da falsa scienza, è diventata significato simbolico e psicologico, compiendo un percorso, in cui, attraverso cambiamenti, addizioni, sottrazioni, ebollizioni e evaporazioni, si giunge al nuovo giorno, risorti anche se laici con un nuovo essere e una nuova coscienza, preziosa come l’oro che si ricercava in tempi ormai passati.

L’artista racconta questo passaggio dell’uomo, moderno, ma forse antico, in cui l’incedere si mescola troppo spesso con l’incidere, con l’avere un’incidenza, in cui il senso profondo potrebbe essere quello di vivere del raccordo che esiste appunto fra la terra e il cielo, fra la sfera terrestre e quella celeste, di farlo con la vitalità e la leggerezza, ricordandoci dei sacrifici da pagare per l’integrità di questo nostro andare e essere messaggeri e non solo spettatori della fine e dell’inizio.


INFO
 
Francesco Petrone
Rossi Cardinali
Testo critico di Chiara Guidoni
 
Inaugurazione 14 giugno 2024 dalle ore 20.00 – ingresso libero
Consigliata la prenotazione su https://eventi.borgoturrito.it/evento/rossi-cardinali

Fino al 31 agosto 2024
Orari
: dal lunedì al sabato 8:30-13:00 / 16:00-20:00; domenica 8:30-13:00

Borgo Turrito
Borgo Incoronata – Foggia
info@borgoturrito.it
tel 0881810141
www.borgoturrito.it
 
Ufficio stampa
Roberta Melasecca_Melasecca PressOffice – blowart
roberta.melasecca@gmail.cominfo@melaseccapressoffice.it
tel. 3494945612
cartella stampa su www.melaseccapressoffice.it

Pubblicato il 4 giugno 2004

Spazio Carme Brescia: Contaminazioni e Final Critics due esempi legati all’arte e alla ricerca

Inaugura venerdì 21 giugno p.v. alle ore 18.00 l’evento dedicato alla presentazione di due pratiche di successo che hanno caratterizzato l’Anno Accademico 2023/2024 dell’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia.

Nella sede dell’Associazione Carme, situata nell’ex Chiesa Santi Filippo e Giacomo nel cuore della città di Brescia, verrà presentato il progetto scientifico Contaminazioni e gli esiti artistici del Final Critics legato alla didattica degli studenti del biennio di Arti Visive Contemporanee; due esempi concreti di attività legate all’arte e alla ricerca.

ACCADEMIA SANTAGIULIA: ARTE E RICERCA
Mostra organizzata dall’Accademia SantaGiulia di Brescia.

L’inaugurazione avrà luogo venerdì 21 giugno 2024 alle ore 18.00.
 
La mostra, ospitata nella sede dell’Associazione Carme, situata nell’ex Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo nel cuore di Brescia, presenterà il progetto scientifico “Contaminazioni” e gli esiti artistici del Final Critics, attività didattica degli studenti del biennio di Arti Visive Contemporanee. Questi due progetti rappresentano esempi concreti di come l’arte e la ricerca possano integrarsi e interagire.

Contaminazioni è un progetto nato dalla collaborazione tra l’Università degli Studi di Brescia e l’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia nel 2023, in concomitanza con Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023. Lo scambio di visioni tra scienze biologiche e discipline artistiche ha visto gli studenti di UNIBS lavorare su biomateriali utilizzando microrganismi come funghi e scarti organici agro-industriali e urbani forniti da A2A, promuovendo la sostenibilità e il recupero dei rifiuti urbani. Successivamente, gli studenti dell’Accademia SantaGiulia hanno utilizzato questi biomateriali per creare opere d’arte innovative. Il carattere multidisciplinare del progetto che si muove tra arte e scienza, intende sperimentare nuove metodologie artistiche rispondendo alle esigenze dell’economia circolare e della transizione ecologica.

Il progetto sarà accompagnato da una pubblicazione scientifica, redatta in collaborazione tra l’Università degli Studi di Brescia e l’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia. Il gruppo di ricerca dell’Accademia SantaGiulia è coordinato dal Prof. Marco La Rosa, coadiuvato e supportato dai docenti Elena Rogna e Mario Branca, e da Anna Cancarini, Duccio Guarneri, Martina Oldani, Giovanni Rossi e Alessandra Viola, studenti ed ex studenti dell’Accademia.

Analogamente alla ricerca scientifica, la formula del Final Critics rappresenta un elemento essenziale per l’ente formativo bresciano. Giovedì 20 giugno, gli studenti del biennio di Arti Visive Contemporanee hanno avuto l’opportunità di incontrare e presentare a tre ospiti d’eccezione, selezionati dalla rete di contatti dell’Accademia nel mondo dell’economia dell’arte, una selezione delle opere più rappresentative del loro percorso. Gli illustri ospiti di questa edizione sono stati il gallerista Federico Rui, il collezionista Andrea Boghi e la curatrice Ilaria Bignotti, offrendo così ai giovani artisti una rara occasione di dialogo e confronto, essenziale per la crescita e maturazione del loro linguaggio artistico, e consentendo loro di ricevere un feedback immediato e costruttivo. A completare tutto, l’ospitalità e la collaborazione intrapresa con l’Associazione Culturale Carme, che dal 2017 lavora e ricerca artisti locali e internazionali, puntando a definire le nuove estetiche e tendenze nell’arte contemporanea attraverso diversi tipi di media, e che accoglierà nei suoi spazi i lavori degli studenti.

La mostra inaugurerà al pubblico venerdì 21 giugno 2024 dalle ore 18.00 alle ore 21.00 e sarà visitabile sabato 22 e domenica 23 giugno 2024 dalle ore 15.00 alle ore 22.00.


Valeria Magnoli
Ufficio stampa
GRUPPO FOPPA
COOPERATIVA SOCIALE ONLUS

Via Cremona, 99 – 25124 Brescia
Tel. 030/3770554 – Fax 030/3776740
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Roma: “La migliore scienza per un vino sostenibile” al Consiglio Naz. delle Ricerche

Oggi, Venerdì 21 giugno 2024, alle ore 17.30 il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ARTOV), Via del Fosso del Cavaliere 100 a Roma, in collaborazione con Vino Sapiens, organizza l’incontro: “La migliore scienza per un vino sostenibile”. Relazioni della Prof.ssa Gabriella De Lorenzis, Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Università degli Studi di Milano, del Prof. Corrado Di Natale – Dipartimento di Ingegneria Elettronica Università di Roma Tor Vergata, e della dott.ssa Costantina Vocino – Vino Sapiens.

Conferenza organizzata in collaborazione con Vino Sapiens per un confronto 
sullo stato attuale di scienza, tecnologia e comunicazione del vino. 

Scienza, tecnologia e comunicazione si incontrano per una riflessione sul presente e sul futuro del Vino italiano. La conferenza di domani vedrà un confronto a partire dai tre tre ambiti di competenza dei relatori: Gabriella De Lorenzis, professore associato in Arboricoltura generale e Coltivazioni Arboree presso il Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali dell’Università di Milano “Nuovi orizzonti per una difesa sostenibile della vite dalle malattie fungine“; Corrado Di Natale, professore ordinario di Elettronica presso l’Università di Roma Tor Vergata e direttore del Centro Indiperdimentale di Volatilomica ‘A. D’Amico’ “La volatilomica del vino: una metolodogia per l’analisi della qualità del vino“; Costantina Vocino, co-founder di VINO SAPIENS “L’assaggio consapevole: il vino è, prima di tutto, relazione“.

Gabriella De Lorenzis, “la produttività della vite è fortemente influenzata, in termini sia quantitativi sia qualitativi, dall’incidenza di fitopatie causate da fitoplasmi, funghi, batteri e virus. Attualmente, il controllo di queste malattie dipende strettamente dall’impiego di prodotti fitosanitari ad attività fungicida, il cui utilizzo è regolamentato dalla Direttiva 2009/128/CE. La forte incidenza di queste malattie, le limitazioni sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari e la resistenza ai fungicidi hanno spinto la comunità scientifica a ricercare soluzioni alternative e di supporto all’utilizzo di questi prodotti“. È probabile che la Professoressa relazionerà sulle possibili soluzioni alternative tra cui l’uso dei composti organici volatili (VOC) e l’utilizzo esogeno di double-stranded RNA (dsRNA) spiegandone i meccanismi. “L’adozione di queste pratiche alternative per il controllo delle malattie, ci proiettano verso una viticoltura sostenibile, più rispettosa dell’ambiente e dell’uomo. L’ottimizzazione delle molecole di dsRNA e l’identificazione di geni nuovi geni bersaglio sono alla base dei programmi di ricerca svolti dal Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali dell’Università degli Studi di Milano. Queste attività rientrano nei progetti di ricerca Grape4vine (Grape for vine: recycling grape wastes to protect grapevine from fungal pathogens) e SMARTBERRY (Smart Biotechnology for Sustainable Berry Cultivation).

Corrado Di Natale: “Poiché gli odori sono miscele di composti chimici, il riconoscimento avviene attraverso lattivazione di diverse combinazioni di recettori, connessi alla mucosa della narice attraverso una proteina transmembrana che blocca la molecola della sostanza volatile permettendo al recettore di scatenare il segnale che viene letto dal cervello come odore. Noi siamo quindi abituati a pensare agli odori in termini di sensazione fisica evocativa. Il naso artificiale invece considera gli odori strettamente dal punto di vista della struttura molecolare e delle proprietà chimiche». “Nel naso elettronico – anticipa il professore – le molecole odorose che si staccano dal «rumore di fondo» dellaria sono catturate da un sensore chimico che le aggancia, pesate su una microbilancia al quarzo piezoelettrico che trasforma la modificazione chimica della superficie segnale elettrico, raccolto e processato da un computer.  Il riconoscimento avviene per confronto con un database di odori noti”. Viene da chiedersi se le sue applicazioni preparino tempi duri per sommelier e mastri profumieri, Ma il Professore rassicura che “la raffinatezza dei nasi umani è per ora inarrivabile, anche perché non sono ancora chiari neppure i meccanismi dellolfatto, con il naso artificiale si simulano solo alcune funzioni, ma il naso elettronico può essere utilissimo in campo industriale e sanitario e per scopi investigativi o di identificazione personale”.

Costantina Vocino. “Se parliamo di comunicazione, dobbiamo tener presente che il vino non è solo una questione di prodotto, prima ancora esso è relazione. Poiché nasce in un territorio specifico, da un’annata unica e irripetibile, e attraverso la mano sapiente di uomini e donne che decidono di volta in volta gli interventi che ritengono più adatti in base alla loro personalissima sensibilità. Relazione che – ricorda Costantina Vocino – continua ancora dopo l’imbottigliamento, attraverso l’incontro fra le unicità psico-fisiche e  culturali del degustatore  e il calice, una relazione che progressivamente si fa sempre più profonda. Dagli elementi visivi come il colore, la consistenza, le tracce lasciate sulle pareti del calice, all’analisi olfattiva che svela molto del percorso evolutivo di un vino, a quella gustativa, epilogo di un racconto e che permette anche di verificare la narrazione veicolata dagli altri sensi“. 

L’intervento sarà completato dall’assaggio relazionale di tre etichette emblematiche dell’unione di tradizione e innovazione: “Trentesimo Pure Love”, [il coronamento di un sogno d’amore] spumante metodo charmat rosé da varietà resistenti, prodotto dall’azienda agricola Ca’ da Roman; “Limine”, [il tema del confine] vino bianco di grande struttura  da varietà resistenti, prodotto dalla azienda agricola Terre di Ger; “Pre British”, [il passato che sostiene il presente e rilancia il futuro] vino bianco in stile ossidativo da metodo Perpetuo, prodotto da Francesco Intorcia Heritage.

Per partecipare: info@vinosapiens.it


Comunicazione
VINO SAPIENS
Diana Daneluz
e-mail: dianadaneluz410@gmail.com

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna: Robert Kuśmirowski. P E R S O [A] N O M A L I A

In occasione del 44°anniversario della strage di Ustica, il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna del Settore Musei Civici Bologna ospita dal 21 giugno al 29 settembre 2024, nello spazio della Sala delle Ciminiere, la mostra Robert Kuśmirowski. P E R S O [A] N O M A L I A, a cura di Lorenzo Balbi e Marinella Paderni.

La personale dell’artista polacco, realizzata con il contributo dell’Istituto Polacco di Roma, del Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale della Repubblica Polacca e dell’Adam Mickiewicz Institute e con il supporto di Foksal Gallery Foundation, fa eco al tragico evento del 27 giugno 1980 affidando al linguaggio del contemporaneo una riflessione sulla memoria collettiva in un particolare momento di ripiegamento della storia su se stessa. Nel titolo dell’esposizione, P E R S O [A] N O M A L I A, si rintracciano i temi dello smarrimento e della perdita accentuati nella loro gravità dall’anomalia dell’epoca che stiamo vivendo. 

Settore Musei Civici Bologna | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
 
Robert Kuśmirowski. P E R S O [A] N O M A L I A

A cura di Lorenzo Balbi e Marinella Paderni con l’assistenza curatoriale di Sabrina Samorì

MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | Sala delle Ciminiere

21 giugno – 29 settembre 2024

Sul filo di questa evocazione, Kuśmirowski esplora la complessità del ricordo e dell’oblio attraverso grandi installazioni, ideate per la Sala delle Ciminiere del MAMbo, in cui si combinano elementi visivi, sonori e sensoriali. La serie di ambienti, di diversa natura e per la maggior parte inediti, dialogano tra loro creando un ponte tra passato e presente che genera nello spazio museale un’atmosfera sospesa ed enigmatica. 

Le installazioni sono state costruite manualmente dall’artista utilizzando elementi e arredi in parte provenienti dal suo archivio e in parte scelti presso Freak Andò Antiquariato Modernariato Design, partner tecnico della mostra.

Un lungo lavoro di ricerca ha preceduto la selezione degli oggetti, trasformati in simboli carichi di significato. Assemblati in situ in ambientazioni rammemoranti ed elusive, ricordano reticolati archivistici segreti nell’opera inedita Portier, un ufficio dell’aviazione civile tedesca degli anni Trenta in Luft Hansa, un antico cinematografo in DUSTribute o una scatola delle meraviglie nell’installazione Cosmorama, qui ripresentata dopo la sua prima esposizione italiana del 2010.

Visitando la mostra il pubblico penetra in un limbo senza tempo dove la fusione tra memoria collettiva e intima immaginazione porta a una sospensione spazio-temporale che si fa portavoce delle complesse dinamiche tra vita, storia, potere e verità.  

L’arte di Robert Kuśmirowski si distingue per la sua singolarità nell’esplorare il potenziale non completamente liberato o espresso degli oggetti che abitano le nostre vite, restituendo loro la possibilità di rilasciare quell’eccedenza di senso che l’assuefazione, l’incuria e la denutrizione intellettuale delle persone non ha del tutto sottratto loro. Si tratta di oggetti che hanno perduto la loro posizione nella storia, che sono scivolati in non-luoghi sfumati tra la dimenticanza e l’oblio, spesso relegati in soffitte, depositi, mangiati dalla polvere e dal tempo.

Sono cose che sembrano contare ormai poco o nulla nella scala valoriale di una società che predilige la novità e la compiacenza tecnica, se non fosse per il loro coefficiente di ricordo o perché emanano un effluvio di passato. Possono essere effetti della memoria collettiva e frammenti di storie personali come arredi domestici, libri, articoli professionali e strumenti di vario genere, componenti industriali prodotti in serie o pezzi unici, costruiti artigianalmente quando ancora il pensiero tecnico-scientifico non riduceva la comprensione della cosa. Scomparsi dalla nostra visuale, sono diventati oggetti ovvi, logorati dall’abitudine e dallo sguardo oggettivizzante. Dietro a questa apparente banalità si cela il reale con il suo vuoto di relazioni e il disegno storico delle forze produttive e sociali che hanno contribuito alla loro reificazione in prodotti con una data di scadenza. Ma è proprio questa loro ovvietà a diventare il soggetto di un processo culturale di riabilitazione, poiché il senso degli eventi importanti della vita rimane sempre attaccato alle cose. 

Robert Kuśmirowski lo sa bene, la sua storia umana e artistica è stata animata dal rapporto con gli oggetti: ha imparato a conoscerli da vicino, a studiarli, a costruirli e ricostruirli meticolosamente trasformando la sua energia fisica in grande sapienza manuale. Un’esperienza che si è tramutata artisticamente nella fabbricazione di ambienti e spazi che appaiono come repliche perfette di luoghi e oggetti del passato. Una fedeltà visiva tesa a ricontestualizzare la loro posizione nella memoria collettiva, liberandoli dal riduttivismo, e a riattivare la nostra coscienza della storia. Nella ricostruzione minuziosa di immagini e di luoghi esistiti in un lungo periodo storico particolarmente sentito nella Polonia (e nell’Europa) pre e postcomunista, lo spettatore può osservare se stesso riflesso in un racconto della storia in cui la presenza di qualche indizio fittizio tradisce volutamente la simulazione. Un’azione continua di costruzione, distruzione e ricostruzione che permette all’artista di creare delle soglie temporali.

Sfumando i confini tra verità e messa in scena, l’artista polacco ri-costruisce il presente attraverso l’impronta del passato impressa dagli eventi. Un’operazione di disvelamento dell’autenticità delle cose mediante la loro esperienza nello spazio e nel tempo dell’arte, la quale consente agli oggetti la libertà dell’immaginazione e la possibilità di esprimere l’eco di qualcosa che non è stato pienamente vissuto o che si è lasciato altrove.

La realizzazione delle opere di Robert Kuśmirowski è stata possibile anche grazie alla collaborazione con il Settore Biblioteche e Welfare culturale del Comune di Bologna. Le biblioteche Salaborsa, Jorge Luis Borges, Casa di Khaoula, Corticella – Luigi Fabbri, Orlando Pezzoli, Scandellara – Mirella Bartolotti e Luigi Spina hanno infatti messo a disposizione oltre duemila libri destinati allo scarto (definitivamente deteriorati e non recuperabili, obsoleti, superati, di cui almeno una copia sia comunque presente e disponibile in deposito). 

Robert Kuśmirowski è nato nel 1973 a Łódź, in Polonia; vive e lavora a Lublino. 

Dal 1998 al 2003 studia presso l’Istituto di Belle Arti dell’Università Marie Curie-Skłodowska di Lublino dove si diploma nello studio di scultura di Sławomir Andrzej Mieleszka. Dopo aver vinto una borsa di studio, tra il 2002 e il 2003 studia presso l’Università Rennes II, Haute Bretagne, in Francia. Dal 2007 inizia a insegnare presso il Dipartimento di Arte dell’Università Marie Curie-Skłodowska di Lublino; tra il 2013 e il 2014 insegna presso l’Accademia Internazionale Estiva di Belle Arti di Salisburgo.

Kuśmirowski ha tenuto la sua prima mostra personale mentre era ancora studente, alla Galeria Biała di Lublino nel 2002, dove ha costruito una replica della vecchia stazione ferroviaria, che è poi stata presentata in varie versioni in occasione di diverse mostre. 

Ha partecipato a mostre personali e collettive in numerosi musei e istituzioni pubbliche e private tra cui: Kunstraum, Dornbirn (2022); ŻAK | BRANICKA, Berlino (2017); Kunzhaus, Troy Hill Art Houses, Pittsburgh (2016); Manifesta 9, Genk (2012); Biennale de Lyon, Lione (2011); Galleria Civica di Trento, Trento (2010); Fondazione Morra Greco, Napoli (2010); Nottingham Contemporary, Nottingham (2010); Palais de Tokyo, Parigi (2009); Hamburger Bahnof, Berlino (2009); Barbican Centre, Londra (2009); New Museum, New York (2008); 4° Berlin Biennale, Berlino (2006); Hamburger Kunstverein, Amburgo (2006); Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurigo (2006); Van Abbemuseum, Eindhoven (2005); Zachęta National Gallery of Art, Varsavia (2005); Centre of Contemporary Art, Varsavia (2004). 

Le sue opere sono state incluse in collezioni private e museali come Fondazione Collezione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Zachęta National Gallery of Art, Varsavia; Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurigo.


Realizzata nel 2017 per la Galleria Żak / Branicka di Berlino con il titolo Lindenstr 35, l’artista riallestisce qui l’opera con un nuovo titolo in relazione al 44° anniversario della strage di Ustica e delle tensioni bellicose che l’hanno riguardata. 

Nel 1932 il luogo era l’ubicazione esatta dell’ufficio voli della compagnia aerea Luft Hansa (allora scritta separatamente e unita nel 1933 dal Nazismo), mentre nel 2017 Lindenstr. 35 era la sede della galleria dove l’opera fu concepita e presentata.

Robert Kuśmirowski dice dell’opera: «Se l’idea originaria era quella di ricostruire l’atmosfera e tutte le attrezzature (con biglietti fatti a mano, francobolli, pubblicità, loghi, stampe di giornali e manifesti realizzati per quegli anni), presentarlo tra le mura del MAMbo ci trasporta mentalmente nell’aria tempestosa, nonostante l’arredamento ben organizzato e l’attrezzatura affascinante».Una ricostruzione meticolosa che riporta lo spettatore nel passato e che parla della memoria attiva e variabile dei luoghi, ieri simbolo della forza e del potere di un totalitarismo, oggi restituito a noi grazie all’azione e alla poesia dell’arte.


Mostra
Robert Kuśmirowski. P E R S O [A] N O M A L I A

A cura di

Lorenzo Balbi e Marinella Paderni

Promossa da
Settore Musei Civici Bologna | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

Sede
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Via Giovanni Don Minzoni 14, Bologna

Periodo di apertura
21 giugno – 29 settembre 2024

Inaugurazione
Giovedì 20 giugno 2024 h 18.00

Orari di apertura
Martedì e mercoledì h 14.00 – 19.00
Giovedì h 14.00 – 20.00
Venerdì, sabato, domenica e festivi h 10.00 – 19.00
Chiuso lunedì non festivi

Ingresso
Intero € 6 | ridotto € 4 | possessori Card Cultura € 4

Informazioni 
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
Via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna 
Tel. +39 051 6496611
www.museibologna.it/mambo
info@mambo-bologna.org
Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna
Instagram: @mambobologna
X: @MAMboBologna
YouTube: MAMbo channel

Settore Musei Civici Bologna

www.museibologna.it
Facebook: Musei Civici Bologna
Instagram: @bolognamusei
X: @bolognamusei
 
Ufficio stampa Settore Musei Civici Bologna

e-mail UfficioStampaBolognaMusei@comune.bologna.it
Elisabetta Severino – Tel. +39 051 6496658 e-mail elisabetta.severino@comune.bologna.it
Silvia Tonelli – Tel +39 051 2193469 e-mail silvia.tonelli@comune.bologna.it

A Spilimbergo il Tour de France di Robert Capa e altri fotografi della Magnum

Tour de France di Robert Capa e altri fotografi della Magnum, questo il titolo della grande mostra, organizzata dal Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia con Suazes e Magnum Photos, nella sede di Palazzo Tadea a Spilimbergo dal 6 luglio al 29 settembre 2024 in collaborazione con la Regione FVG, Comune di Spilimbergo, con il sostegno della Fondazione Friuli e il patrocinio dell’Università degli Studi di Udine.

L’esposizione composta da oltre 80 immagini dei maestri della celebre agenzia fotografica Magnum, esplorano la dimensione umana di questa pratica sportiva che fa del ciclismo uno degli sport più popolari e amati. Raccontando le epopee dei campioni e delle grandi manifestazioni internazionali, Tour de France in primis, ma anche la quotidiana, straordinaria umanità di campioni e del grande pubblico che ai bordi delle strade e al traguardo li sostiene, immedesimandosi con loro e con il loro impegno.

Scegliere la sensibilità degli autori di questa agenzia permette di andare oltre alle gesta sportive, e porre l’attenzione sulle alchimie del ciclismo, l’unico sport, come ripeteva Gianni Mura, dove “chi fugge non è un vigliacco”.


Per informazioni: www.craf-fvg.it
 
Ufficio stampa
Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
tel. 049663499
rif. Simone Raddi simone@studioesseci.net
www.studioesseci.net

“Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine” (Einaudi) di Mario Avagliano e Marco Palmieri

Si tratta di Santo Morgano, bracciante agricolo di 23 anni, nato a Militello Rosmarino da Antonio, anche lui agricoltore; e Giovanni Rampulla, tenente colonnello, nato a Patti il 16 giugno 1894 (trascorre la giovinezza nella vicina Oliveri). Morirono per l’Italia libera.

Dei due, e delle altre 333 vittime della strage nazi-fascista, parla il corposo libro “Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine” (Einaudi) di Mario Avagliano e Marco Palmieri che, dopo aver girato l’Italia e aver raggiunto in poche settimane la seconda edizione, ora sbarca in Sicilia, dove il tour della memoria del coautore Mario Avagliano tocca fra l’altro Milazzo e Messina, su iniziativa dell’Anpi messinese. Il 21 giugno, la presentazione del libro avverrà alle ore 18.30, alla Villa Vaccarino, con Antonio Nunzio Isgrò e Fabio Milazzo. Mentre a Messina l’incontro è fissato per il 22 giugno, alle ore 18.30, al Feltrinelli Point di via Ghibellina. Discuteranno con l’autore Antonio Baglio, docente di Storia contemporanea all’Università, e Giuseppe Restifo, ricercatore indipendente.

Santo Morgano e Giovanni Rampulla sono due dei 16 siciliani che il 24 marzo 1944 vengono trucidati alle Fosse Ardeatine, la più grave strage compiuta dai tedeschi e dai fascisti in un’area metropolitana e, oggi, eccidio simbolo della Resistenza.

Nella cava di pozzolana alle porte di Roma, all’inizio della drammatica primavera del 1944 vengono uccisi 335 uomini, freddati con un colpo di pistola a bruciapelo alla testa. Le vittime delle Fosse Ardeatine – in proporzione di dieci a uno, più 5 per errore, come rappresaglia per l’attacco partigiano del giorno precedente in via Rasella costato la vita a 33 soldati delle forze d’occupazione – sono per oltre due terzi prigionieri politici, appartenenti a tutte le forze antifasciste. Gli altri martiri, non politici, aggiunti per ottenere il numero stabilito, sono ebrei destinati alla deportazione, alcune persone rastrellate in via Rasella subito dopo l’attacco partigiano ma del tutto estranee ai fatti e alcuni detenuti comuni per motivi di pubblica sicurezza.

Fino ad oggi, però, eccetto alcuni nomi noti, delle vittime delle Fosse Ardeatine si conosceva assai poco. Le loro storie individuali col passare del tempo sono state dimenticate, perdute o in qualche caso mai ben conosciute a fondo (tre di loro sono ancora ignoti) e ora, grazie a questo libro, vengono finalmente ricostruite una per una, testimoniando l’apporto del Meridione e in particolare della Sicilia alla lotta resistenziale.


Anpi – Associazione nazionale partigiani d’Italia
Comitato provinciale di Messina
comunicato stampa 20 giugno 2024