Il
fenomeno dell’alchimia ha
importanza e diffusione
planetaria, quindi, tutt’altro che
marginale. Due sono i filoni di
sviluppo: uno in Asia, con
l’alchimia cinese, sviluppatasi
nel Taoismo, e nelle rispettive
zone di influenza (come l’India),
ed uno occidentale, nato in
Egitto, per poi contaminare le
civiltà classiche (Grecia e Roma),
e poi il mondo islamico e l’Europa
intera. Qui, vi furono rapporti
superficiali con le varie
religioni, ma l’alchimia
occidentale va considerata come
cultura autonoma. Se vi sono stati
contatti o rapporti tra le due
realtà alchemiche, non è noto.
L’alchimia occidentale
Gli stessi alchimisti
pongono la nascita della loro arte
nell’antico Egitto. Purtroppo non
ci sono pervenuti documenti di
questo periodo, ma ciò che
sappiamo deriva da scritti greci e
traduzioni arabe. Se mai fossero
esistiti (ma si sostiene di no),
essi bruciarono nell'incendio
della Biblioteca di Alessandria.
Sembra che gli antichi egizi
considerassero la metallurgia come
pratica mistica per eccellenza.
Una leggenda vuole che
l’invenzione della metallurgia
fosse addebitabile al dio Thot,
che, nella cultura greca, divenne
Ermes. Questo “creatore” avrebbe
scritto ben 42 libri sullo scibile
umano, tra i quali uno dedicato
all’alchimia. La famosa Tavola
di smeraldo del dio Ermes
Trismegistus (il tre volte
grande), secondo antiche
traduzioni arabe, sarebbe alla
base della pratica alchemica.
Il complesso dettato alchemico
trova le sue origini nella cultura
filosofica dei Greci. La cultura
greca, infatti, sempre
caratterizzata da movimenti
filosofici, assunse dalla cultura
alessandrina i propri concetti.
Tre furono le differenziazioni
operate su di essa: quella
tecnica, quella filosofica e
quella religiosa. Grande
importanza ebbe l’alchimia nella
filosofie del Pitagorismo,.
dottrina passata, successivamente,
nello Gnosticismo. La filosofia
pitagorica, che dava enorme
rilevanza ai numeri, secondo loro
alla base del creato, si ritrova
poi nell’importanza che gli
alchimisti davano ai numeri nelle
loro ricerche. Un ulteriore
contributo alla cultura alchenica
fu recepito dalla filosofia della
scuola ionica. Essa riteneva che
vi fosse un principio unico e
originario nella creazione, da
ricercare. Filosofi di questa
corrente furono Talete ed
Anassimandro. A questo pensiero si
rifecero i grandi Platone ed
Aristotele. Il loro credo
filosofico divenne poi base degli
obiettivi alchemici. In questo
periodo storico, l’indagine
filosofica analizza la realtà
materiale e spirituale
dell’universo. Viene posto per
primo un concetto: una sola
materia prima dà vita a tutto il
creato. Il filosofo Empedocle
distingue questo unico cardine in
quattro elementi: terra,
aria, acqua e fuoco.
Aristotele vi aggiunge la
“quintessenza”, cioè, l’etere, la
materia di cui sono formati i
cieli.
Nel successivo
periodo romano, l’alchimia
acquisisce il carattere di
religione esoterica, il mistero e
la magia. Nell'età imperiale ed
ellenistica si sviluppò, infatti,
sull’alchimia una letteratura
specifica. Essendo riferita al dio
Thot-Ermete, essa venne denominata
come “ermetica”. I contenuti di
essa vennero mutuati dal
Neoplatonismo e dal
Neopitagorismo. Più tardi, nel II
secolo, fu redatto il testo degli
Oracoli caldaici, di cui è
rimasto poco, ma che confermava i
precedenti della letteratura
ermetica. La dottrina alchemica si
va a formare in tale periodo.
Nel mondo islamico
La Biblioteca di Alessandria
fu un vero polo culturale
dell’antichità. Dopo la sua
distruzione il sapere emigrò nel
Vicino Oriente. Anche la cultura
dell’alchimia fu recepita dalla
letteratura islamica. Anzi, le
traduzioni in lingua islamica di
vecchi testi greci e i nuovi
trattati arabi sulle loro ricerche
alchemiche ci hanno tramandato
notizie più sostanziose sulla
misteriosa pratica. All’interno di
questa nuova letteratura si
distingue l’opera di uno dei più
grandi alchimisti, Jabir ibn
Hayyan, vissuto nel VIII secolo,
che individuò le quattro
qualità della materia: caldo,
freddo, secco e
umido. Teorizzò, inoltre, che
la fusione di due metalli avrebbe
portato ad un terzo metallo.
L’unico alchimista europeo
conosciuto, di questa fase
storica, che abbia scritto
trattati sulla pratica
dell’alchimia, è Zosimo di
Panopoli.
Gli alchimisti
islamici hanno operato (come
faranno poi quelli europei nel
medioevo) nel campo della chimica,
anche se marginalmente. Ad essi si
deve la scoperta dell'acido
muriatico,
l'acido solforico e l'acido
nitrico. Hanno individuato il
sodio ed il potassio, oltre ad
avere inventato il procedimento di
distillazione. All’alchimia
araba si deve anche la
nomenclatura alchimistica
successiva.
|
|